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« Io dichiaro che ogni stigma ed ogni onta vengano per sempre cancellati dai nomi di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti »
(Il proclama del 23 agosto 1977, con il quale l'allora governatore del Massachusetts Michael Dukakis assolveva i due anarchici italiani dal crimine a loro attribuito, esattamente 50 anni dopo la loro esecuzione sulla sedia elettrica).

Ferdinando Nicola Sacco (Torremaggiore, 22 aprile 1891 – Charlestown, 23 agosto 1927) e Bartolomeo Vanzetti (Villafalletto, 11 giugno 1888 – Charlestown, 23 agosto 1927) furono due anarchici italiani. Vennero arrestati, processati e giustiziati sulla sedia elettrica negli Stati Uniti negli anni venti, con l'accusa di omicidio di un contabile e di una guardia del calzaturificio «Slater and Morrill». Sulla loro colpevolezza vi furono molti dubbi già all'epoca del loro processo; a nulla valse la confessione del detenuto portoricano Celestino Madeiros, che scagionava i due.

Sacco di professione faceva l'operaio in una fabbrica di scarpe, mentre Vanzetti – che gli amici chiamavano Trumlin – gestiva una rivendita di pesci. Furono uccisi sulla sedia elettrica il 23 agosto 1927 nel penitenziario di Charlestown, presso Dedham.

A cinquant'anni esatti dalla loro morte, il 23 agosto 1977 Michael Dukakis, governatore dello Stato del Massachusetts, riconobbe ufficialmente gli errori commessi nel processo e riabilitò completamente la memoria di Sacco e Vanzetti.


Nicola Sacco giunse negli Stati Uniti d'America il 12 aprile del 1909, poco prima di compiere diciotto anni, mentre Bartolomeo Vanzetti vi giunse nel 1908, all'età di venti: tra di loro non si conoscevano. Vanzetti, al processo, descriverà così l'esperienza dell'immigrazione: "Al centro immigrazione ebbi la prima sorpresa. Gli emigranti venivano smistati come tanti animali. Non una parola di gentilezza, di incoraggiamento, per alleggerire il fardello di dolori che pesa così tanto su chi è appena arrivato in America". E in seguito scrisse: "Dove potevo andare? Cosa potevo fare? Quella era la Terra Promessa. Il treno della sopraelevata passava sferragliando e non rispondeva niente. Le automobili e i tram passavano oltre senza badare a me".

Sacco, nato a Torremaggiore, in provincia di Foggia, il 22 aprile del 1891 da una famiglia di produttori agricoli (Michele Sacco e Angela Mosmacotelli) ben avviata nel commercio di olio extravergine di oliva e vino in Italia, a Torremaggiore, trovò lavoro in una fabbrica di calzature a Milford (Massachusetts). Si sposò con Rosina Zambelli nel 1912, con la quale andò ad abitare in una casa con giardino. Ebbe un figlio, Dante, e una figlia, Ines. Lavorava sei giorni la settimana, dieci ore al giorno. Nonostante ciò, partecipava attivamente alle manifestazioni operaie dell'epoca, attraverso le quali i lavoratori chiedevano salari più alti e migliori condizioni di lavoro. In tali occasioni teneva spesso dei discorsi. A causa di queste attività fu arrestato nel 1916.

Vanzetti, nato a Villafalletto, in provincia di Cuneo, l'11 giugno del 1888, era il secondo dei quattro figli di Giovanni Battista Vanzetti (1849-1931), modesto proprietario terriero e gestore di una piccola caffetteria, e di Giovanna Nivello (1862-1907). Pur non vivendo in ristrettezze (il padre aveva preso in considerazione l'ipotesi di farlo studiare da avvocato) a spingerlo a emigrare furono soprattutto l'improvvisa e tragica morte dell'amata madre nel 1907, che lo portò quasi alla follia, e probabilmente una consuetudine familiare (anche il padre era stato emigrante per un breve periodo, dal 1881 al 1883 in California). Fece molti lavori, prendendo tutto ciò che gli capitava. Lavorò in varie trattorie, in una cava, in un'acciaieria e in una fabbrica di cordami, la Plymouth Cordage Company. Spirito libero e indipendente, era un avido lettore soprattutto delle opere di: Marx, Darwin, Hugo, Gorkij, Tolstoj, Zola e Dante. Nel 1916 guidò uno sciopero contro la Plymouth e per questo motivo nessuno volle più dargli un lavoro. Si mise quindi in proprio, facendo il pescivendolo.

Fu in quell'anno che Sacco e Vanzetti si conobbero ed entrarono entrambi a far parte di un gruppo anarchico italoamericano. Tutto il collettivo fuggì in Messico per evitare la chiamata alle armi, perché per un anarchico non c'era niente di peggio che uccidere o morire per uno Stato.

Nicola e Bartolomeo tornarono nel Massachusetts dopo la guerra, non sapendo di essere inclusi in una lista di sovversivi compilata dal Ministero di Giustizia, né di essere pedinati dagli agenti segreti USA. Nella stessa lista era incluso anche un amico di Vanzetti, il tipografo Andrea Salsedo. Questi, il 3 maggio 1920, fu assassinato dalla polizia, che lo scaraventò dal quattordicesimo piano di un edificio del Ministero di Giustizia.

Sacco e Vanzetti organizzarono un comizio per far luce su questa vicenda, comizio che avrebbe dovuto avere luogo a Brockton il 9 maggio, ma furono arrestati prima, per essere stati trovati in possesso di volantini anarchici e alcune armi. Pochi giorni dopo furono accusati anche di una rapina avvenuta a South Braintree, un sobborgo di Boston, poche settimane prima del loro arresto; in tale occasione erano stati uccisi a colpi di pistola il cassiere della ditta (il calzaturificio «Slater and Morrill») e una guardia giurata.


Alla base del verdetto di condanna - a parere di molti - vi furono da parte di polizia, procuratori distrettuali, giudice e giuria pregiudizi, una forte volontà di perseguire una politica del terrore suggerita dal ministro della giustizia Palmer e culminata nella vicenda delle deportazioni.

Sotto questo aspetto, Sacco e Vanzetti venivano considerati due "agnelli sacrificali" utili per testare la nuova linea di condotta contro gli avversari del governo. Erano infatti immigrati italiani con una comprensione imperfetta della lingua inglese (migliore in Vanzetti, che terrà un famoso discorso, in occasione della lettura del verdetto di condanna a morte); erano inoltre note le loro idee politiche radicali. Il giudice Webster Thayer li definì senza mezze parole due bastardi anarchici (li chiamava spesso "Wops", termine dispregiativo per indicare gl'individui d'etnia italiana, acronimo di WithOut Papers, ovvero gente senza documenti in regola e cittadinanza americana).

Il Governatore del Massachusetts Alvan T. Fuller, che avrebbe potuto impedire l'esecuzione rifiutò infine di farlo, dopo che un'apposita commissione da lui istituita per riesaminare il caso riaffermò le motivazioni della sentenza di condanna.

Si trattava di un periodo della storia statunitense caratterizzato da un'intensa paura dei comunisti, la paura rossa del 1917 - 1920. Né Sacco né Vanzetti si consideravano comunisti, e inoltre Vanzetti non aveva nemmeno precedenti con la giustizia, ma erano conosciuti dalle autorità locali come militanti radicali che erano stati coinvolti in scioperi, agitazioni politiche e propaganda contro la guerra.


Sacco e Vanzetti si ritenevano vittime del pregiudizio sociale e politico. Vanzetti, in particolare, ebbe a dire rivolgendosi per l'ultima volta al giudice Thayer:
« Io non augurerei a un cane o a un serpente, alla più bassa e disgraziata creatura della Terra — non augurerei a nessuna di queste ciò che ho dovuto soffrire per cose di cui non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho sofferto per cose di cui sono colpevole. Sto soffrendo perché sono un radicale, e davvero io sono un radicale; ho sofferto perché ero un Italiano, e davvero io sono un Italiano [...] »
(dal discorso di Vanzetti del 19 aprile 1927, a Dedham, Massachusetts)


Quando il verdetto di morte fu reso noto, si tenne una manifestazione davanti al palazzo del governo, a Boston. La manifestazione durò ben dieci giorni, fino alla data dell'esecuzione. Il corteo attraversò il fiume e le strade sterrate fino alla prigione di Charlestown. La polizia e la guardia nazionale li attendevano dinanzi al carcere e sopra le sue mura vi erano mitragliatrici puntate verso i manifestanti.


Il caso di Sacco e Vanzetti scosse molto l'opinione pubblica italiana di allora e anche il governo fascista prese posizione e si mosse attivamente a sostegno dei due connazionali, nonostante le loro idee politiche.

Anche Benito Mussolini riteneva il tribunale statunitense «pregiudizialmente prevenuto» nel giudicare Sacco e Vanzetti e, a partire dal 1923 fino all'esecuzione della condanna a morte nel 1927, i funzionari del Ministero degli Esteri, l'ambasciatore italiano a Washington e il Console italiano a Boston operarono presso le autorità degli Stati Uniti per ottenere prima una revisione del processo e poi la grazia per i due italiani.

Lo stesso Mussolini un mese prima dell'esecuzione scrisse direttamente una lettera in cui chiedeva all'ambasciatore americano a Roma Henry Fletcher di intervenire presso il Governatore del Massachusetts per salvare la vita dei due condannati a morte.


Molti famosi intellettuali, compresi Albert Einstein, Dorothy Parker, Edna St. Vincent Millay, Bertrand Russell, John Dewey, George Bernard Shaw, John Dos Passos, Upton Sinclair, H. G. Wells e Arturo Giovannitti (il quale fu protagonista di un caso simile) sostennero a favore di Nick e Bart (come venivano chiamati) una campagna per giungere a un nuovo processo; l'iniziativa, tuttavia, non approdò ad alcun risultato. Il 23 agosto 1927 alle ore 00:19, dopo sette anni di udienze, i due uomini vennero uccisi sulla sedia elettrica a distanza di sette minuti l'uno dall'altro (prima toccò a Sacco, poi a Vanzetti). La loro esecuzione innescò rivolte popolari a Londra, Parigi e in diverse città della Germania. I corpi dei due anarchici furono cremati e oggi le loro ceneri si trovano nel cimitero di Torremaggiore, città natale di Sacco. Il Comune di Torremaggiore, città natale di Sacco, ha dedicato una via ai due anarchici, quello di Villafalletto, città natale di Vanzetti, ha dedicato una via ai due anarchici e una scuola a Bartolomeo Vanzetti.

Il 23 agosto 1977, esattamente 50 anni dopo, il governatore del Massachusetts Michael Dukakis emanò un proclama che assolveva i due uomini dal crimine, dicendo: «Io dichiaro che ogni stigma e ogni onta vengano per sempre cancellati dai nomi di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti». Purtroppo questa dichiarazione non significò il riconoscimento dell'innocenza dei due italiani che sono ancora fra i possibili condannati a morte innocenti. Del resto, negli ultimi cento anni, nessun condannato a morte americano è stato riabilitato dopo l'esecuzione.
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