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Giovanni
Boine fu uno degli intellettuali più eminenti ma anche atipici del
gruppo "vociano". Ligure per nascita, studiò a Milano dove s'iscrisse,
nell'anno accademico 1906 -1907, alla Regia Accademia
scientifico-letteraria ed ebbe, come compagni di corso, Clemente Rebora
e Antonio Banfi. Soggiornò anche a Parigi dove approfondì gli studi
filosofici. Si espresse soprattutto come saggista, scrivendo riflessioni religiose e filosofiche: in quegli anni passò da una posizione di simpatia verso i cattolici modernisti ad una di decisa polemica. Si avvicinò infatti al gruppo dei modernisti lombardi fin dal gennaio 1907 collaborando alla rivista Il Rinnovamento. Nel 1908 iniziò la sua collaborazione a La Voce dove portò il contributo di una personale riflessione religiosa vissuta intensamente anche se in modo contraddittorio. Nel 1912 collaborò a "La Riviera Ligure", e su questa rivista tenne, dal marzo 1914 all'ottobre 1916, una rubrica di critica militante "Plausi e botte", e sulla stessa pubblicò i suoi scritti più importanti. Nel 1909 si manifestarono i primi sintomi della tisi ed egli si stabilì ad Imperia dove trascorse il resto della sua breve vita tra esperienze intense, amori turbolenti e attività culturali significative. Alla vigilia della guerra egli pagò il suo contributo agli entusiasmi interventisti con i Discorsi militari (1914). Boine, a causa della sua forte esigenza di integrità, non sempre riuscì a distinguere tra la pagina della discussione filosofica (Esperienza religiosa, 1910), della narrazione (Il peccato, 1913), della interpretazione critica (Plausi e botte, rubrica di segnalazioni librarie tenute sulla "Riviera ligure" fra il 1914 e il 1916) e della prosa lirica (Frantumi, 1918, edizione postuma). La sua opera nasce infatti dal contrasto tra tensione anarchica, libertaria, e un'esigenza di organicità ed ordine. Tra i vociani egli fu colui che sentì maggiormente la caduta delle certezze che derivarono dalla crisi del positivismo e ne dedusse una visione della vita priva di valori e significati, solamente animata dal senso di un disfacimento imminente della società contemporanea. Per superare il subbuglio della sua vita psichica fu portato a ricercare, soprattutto nelle prose liriche, rime e simmetrie sforzate e artificiose. La sua poesia si trova soprattutto in alcuni frammenti di prosa descrittiva dove si vede lo sforzo nel cercare l'equilibrio tra il desiderio della lucidità, il controllo della ragione e la veemenza delle allucinazioni. In questo senso Boine può considerarsi l'unico scrittore del suo tempo che abbia in sé parte dell'angosciata densità di Nietzsche. Egli infatti rifiutò gli schemi rassicuranti della filosofia crociana e si accostò a quelle filosofie irrazionalistiche che sembravano offrirgli modalità di rapporti con la realtà più densi di problematiche ma anche di spiegare meglio la contraddittorietà e complessità dell'esistenza. *** ...L’aveva conosciuta così l’anno prima. Non aveva detto della cosa a nessuno. Gli pareva un segreto. («Ma la clausura, diceva fra sé, non ha rotta così la clausura?» Forse no perché s’era in chiesa e non in convento e poi questa era una riforma recente dell’ordine e non ne conosceva le regole bene). E com’era intelligente e che cose fini gli aveva dette su Santa Teresa e sulla musica antica e com’era donna e vivace in mezzo a questo suo mondo zitto e composto, e com’era ingenua e bimba nel raccontare (e com’era bella! come dunque non veder ch’era bella!)... |
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