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Lorenzo Viani che si è sempre sentito attratto dai più poveri e dai derelitti, tanto nella fanciullezza quanto nella maturità. La vita e la vicenda umana dei più deboli, Viani la trasferisce nella tela, con forti impressioni cromatiche e con una pennellata decisa e veloce, una pittura intensa, espressiva e a tratti estremamente melanconica.
Quello che fa di Viani un grande maestro, troppo spesso dimenticato, è la maestria nel far coesistere nelle sue opere drammaticità e lirismo e grazia poetica, nel sentire, l'umile commozione di fronte ai diseredati.
La povertà di mezzi artistici è una scelta, la scabra pittura diviene essenzialità, la sobrietà un animalesco istinto nel cogliere le forme della vita degli umili, della fame, della prigione, delle malattie, della solitudine, della lotta con la campagna o con il mare, della guerra, della pazzia e del dolore.

L'opera narrativa di Viani costituisce un esempio tipico di espressionismo dialettale, le sue origini sono in una visione sconvolta delle cose, turbata dal profondo, che si traduce in un'esasperata deformazione dei paesaggi come dei volti umani, lo scrittore si serve di una straordinaria ricchezza verbale, attinta al fondo dialettale viareggino, al gergo marinaro o soldatesco o furbesco, dove più gli è possibile ricavare, esasperazioni espressionistiche.
II dialetto della Versilia e della Lucchesia, così vivace nella lingua di Enrico Pea, diventa lirico fervore in Lorenzo Viani, pittore espressionista che comincia a diventare famoso all'inizio degli anni Trenta. Viani non è il solo, nella letteratura del secolo, in cui pittura e scrittura si danno la mano illuminandosi a vicenda come nei casi di Ardengo Soffici Luigi Bartolini e Filippo De Pisis, ma resta davvero singolare come il suo estro di scrittore, che prese l'ispirazione dall'impressionismo che si respirava attorno alla rivista letteraria La Voce, debba molto al disegno, al carattere mosso e deformante della sua attività dì pittore.
Dal Viani al suo modo un po' provinciale di richiamarsi al "Manipolo dell'Apua" , che ebbe in Ceccardo Roccatagliata Ceccardi il suo alfiere, e a una rozza base di contestazione civile, poco ci si dovrebbe attendere dall'immaginazione dello scrittore, viceversa, il taglio della sua prosa, visivo e spesso allucinato, la variegata galleria di tipi derelitti e folli da lui adunata su una base di ingenua fraternità, spezzano in più d'un tratto nei romanzi Parigi Angiò e Uomo d'acqua, quella sorta di compiacimento anticonformista e antiborghese prevalente in certi scritti, sui quali l'autore volle crearsi una piccola leggenda, esponendosi in prima fila con storie che oggi non interessano più. E ci si riferisce in modo particolare ai ricordi autobiografici, distribuiti in Gli ubriachi (1923) o in Il figlio del pastore (1930), e in vari altri libri formati da artìcoli (ne scrisse circa trecento) dove campeggiano i Vàgerì, che sono insieme protagonisti del lessico di Viani e della sua tensione ideale verso la vita e l'avventura. Il meglio dì questo scrittore sta dunque nella riuscita involontaria, come in Angiò (1928), dove la condizione del nano, uomo di mare e sconfitto dal mare medesimo, tocca punte dì allegorica pietà. Ma a Viani interessava, raccontando la miseria dei luoghi, come più tardi sarà ne Le chiavi nel pozzo (1935) l'osservazione del manicomio, soprattutto il calarsi in quell'aspro ambiente di rivolta, per attentare da semplice dinamitardo di provincia alla letteratura e all'arte composta da altri, definiti dallo scrittore con malcelata supponenza "i vincitori" baciati dal successo.



... Un ombrellaccio da pioggia aperto rovesciato e confitto in terra è la bottega dell'ambulante, quando piove l'ambulante si mette la bottega sul capo e va per la campagna felice e beato. Baruffi di refe, cartine d'aghi, gomitoli, ghiomi, carta e buste, ceralacca e spago. Sulla cima di ogni stecca è appiccato un bamboccio e uomini col fischio al culo, ma di sasso.
Seduto sul muricciolo di un fossatello in aperta campagna l'ambulante gorgheggia, zufola, pispiglia, gracida, imitando uccelli piccoli e grandi.
– Babbaruffiffi, aghighighighi, ghioghioghiomimimimiiiiiiii, ceraceraceralalalaccacacacacaca. Ventate verdi profumate d'erba nascente in mezzo a tanti colori di lontananze. Il merciaiolo grida: – Gente? Ma siete tutte morte? ...
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